Qui di seguito, la prima stesura di un giudizio AGeSC sul Piano del Governo “La Buona Scuola” e la lettera del Presidente Nazionale Roberto Gontero, che invita tutti a partecipare alla consultazione del Governo.
GIUDIZIO SUL PIANO DI RIFORMA DELLA SCUOLA DEL GOVERNO RENZI
Il piano del
Governo per una “Buona scuola” ha sicuramente il grande merito
di individuare nel sistema di istruzione la leva fondamentale per lo sviluppo del Paese e di considerarlo finalmente come un investimento indispensabile e non solo come un costo.
E’ la prima volta che un premier italiano si impegna in modo così deciso.
di individuare nel sistema di istruzione la leva fondamentale per lo sviluppo del Paese e di considerarlo finalmente come un investimento indispensabile e non solo come un costo.
E’ la prima volta che un premier italiano si impegna in modo così deciso.
L’ampio
documento presentato da Renzi individua correttamente molti punti critici
dell’organizzazione scolastica italiana che necessitano di interventi incisivi:
l’eccessiva presenza di precari fra i docenti, la pesante burocratizzazione
dell’apparato, la non ancora realizzata autonomia delle scuole, un sistema di
valutazione ancora inadeguato, la mancanza di potere decisionale dei dirigenti,
la riforma di organi collegiali inefficaci, lo scarso rapporto fra scuola e
mondo del lavoro e molti altri aspetti.
L’ottica di
fondo del piano di Renzi ha però una forte accentuazione “statalista”: non solo
perché in pratica non parla, se non per un limitato accenno che vedremo in
seguito, della scuola paritaria, ma anche perché in esso è completamente
assente la dimensione della sussidiarietà per cui il servizio dell’istruzione è
visto solo come servizio offerto dallo Stato e la società non può che avere un
ruolo strumentale, magari per portare risorse al sistema statale in difficoltà.
Siamo ben lontani dalla concezione di uno Stato come controllore e garante di
un’istruzione che arrivi a tutti, anziché gestore di tutto e perciò monopolistico.
In questa impostazione le famiglie quasi spariscono. Non ci si rende conto che
se non si supera una visione statalista della scuola non si migliorerà la
qualità del sistema di istruzione italiano, perché la società di oggi per
svilupparsi in qualsiasi campo ha bisogno della piena libertà delle persone e
delle aggregazioni sociali.
Che questa sia
l’impostazione del documento appare chiaramente fin dal primo capitolo
intitolato “Assumere tutti i docenti”: nella soluzione del problema del
personale precario è concentrato quasi tutto lo sforzo economico previsto dal
Governo, cioè più di 3 miliardi di euro (oltre 4 miliardi dal secondo anno) per
assorbire nella scuola dello Stato148mila precari, il che assomiglia più che
altro ad una maxi-sanatoria. Eppure il merito non dovrebbe essere un principio
cardine della riforma? Il problema del precariato è certamente grave e va
risolto, ma non è il punto che permetterà una svolta nella qualità delle
scuole. Inoltre va detto che le soluzioni proposte presentano diversi rischi:
che venga assunto molto personale non qualificato o non corrispondente alle
qualifiche richieste dalle scuole, che si consolidi l’invecchiamento del corpo
insegnante, che non serva a garantire la continuità didattica e che alla fine
non si elimini veramente la presenza del precariato, come già successe negli
anni ’70 quando furono immessi in ruolo 200mila docenti. Inoltre queste
assunzioni di massa rischiano di causare un forte esodo, visti gli stipendi
decisamente più alti, verso lo Stato degli insegnanti di scuola paritaria che
sarà così privata del proprio bene più prezioso formato negli anni, mentre le
previsioni di concorsi futuri non tengono conto delle esigenze di docenti del
sistema paritario.
Il piano di
Renzi, che non parla mai della libertà di educazione delle famiglie, cita le
scuole paritarie, che pure fan parte del sistema nazionale di istruzione, in soli
due punti, quando afferma che “il Sistema Nazionale di Valutazione sarà esteso
anche alle scuole paritarie” e che “servirà lavorare per dare alle scuole
paritarie (se valutate positivamente) maggiore certezza sulle risorse loro
destinate, nonché garanzia di procedure semplificate per la loro assegnazione”:
si tratta di due aspetti significativi, soprattutto la certezza di risorse e la
semplificazione nell’assegnazione sono aspetti molto importanti che oggi
determinano sofferenze economiche alle scuole, ma certo non si affronta il
problema fondamentale che è quello di permettere a tutte le famiglie e agli
studenti di scegliere il percorso scolastico ritenuto più adeguato; in
particolare questo diritto è negato agli studenti disabili. Questo è il vero nodo
della parità che viene totalmente ignorato, una dimenticanza grave visto il
quadro di riferimento europeo a cui si ispira il documento e visto che si
tratta pur sempre di circa il 12% della popolazione scolastica complessiva. Queste
citazioni sulle scuole paritarie si trovano significativamente nel terzo
capitolo dedicato all’autonomia, ma non ci si rende conto che senza il finanziamento
della parità scolastica (oggi pari a meno dell’1% del bilancio del Ministero),
senza la libertà di scelta educativa delle famiglie l’autonomia non potrà mai
realizzarsi, resterà pura retorica. Ed infatti il cammino dell’autonomia verso una
piena realizzazione è indicato nel rapporto governativo in modo contradditorio
(vedi la scelta degli insegnanti) e limitato soprattutto dal punto di vista della
gestione delle risorse economiche.
Riguardo
ai finanziamenti previsti per le scuole paritarie, nel piano va inserito un
provvedimento urgente per garantire per
il prossimo triennio la stabilizzazione dei finanziamenti sullo storico dei 530
milioni in un unico capitolo gestito dallo Stato. In una prospettiva più ampia si
chiede un significativo aumento delle risorse destinate al sistema paritario,
in base ai numeri degli studenti e al costo standard per studente, per offrire
libertà di scelta a tutte le famiglie (si stima che l’8% delle famiglie
sceglierebbe una scuola paritaria se sostenute in parte nei costi a proprio
carico e questo porterebbe al 20% la popolazione delle scuole non statali, che
è lo stesso livello dei Paesi europei delle dimensioni dell’Italia) sapendo che
i maggiori finanziamenti da parte dello Stato verrebbero nel medio periodo in
gran parte riassorbiti dal risparmio
ottenuto sulle scuole statali con questo spostamento di utenza, come dimostrano
i Paesi europei che hanno favorito in questi ultimi anni l’espansione della
scuola non statale.
Nel quinto
capitolo dedicato al rapporto tra scuola e lavoro, sicuramente un importante
obiettivo da implementare, si dimentica però tutto il settore dell’Istruzione e
Formazione Professionale iniziale che, soprattutto attraverso i Centri di
Formazione Professionale, offre oggi a decine di migliaia di ragazzi
l’opportunità di rientrare o proseguire un percorso formativo portandoli con
successo a introdursi nel mondo del lavoro. E’ necessario che il Governo, che
dice di avere in mente il modello tedesco, si renda conto che solo estendendo a
tutte le Regioni un sistema di Formazione Professionale non scolasticizzata può
ottenere il risultato di combattere con efficacia la dispersione scolastica, di
portare più giovani ad una qualifica e di ampliare le opportunità di lavoro
giovanile.
Nel
sesto capitolo dedicato alle risorse pubbliche e private il piano del Governo,
pur trascurando completamente come detto i fondi per il sistema paritario,
indica alcuni importanti obiettivi che condividiamo: 1) vincolare gli
investimenti all’effettivo miglioramento dei singoli istituti e al merito di
chi lavora per produrlo; 2) le risorse pubbliche dedicate all’offerta formativa
devono essere stabilizzate e non dovranno più essere dirottate su altri
capitoli di spesa; 3) l’investimento nella scuola non deve essere considerato solo
una voce di spesa della PA, ma uno sforzo di tutto il Paese nel costruire il
suo futuro. Riguardo alla stabilizzazione e accrescimento dei fondi MOF,
chiediamo che queste risorse, strettamente legate al miglioramento dell’offerta
formativa, siano usufruibili anche dalle scuole paritarie e allo stesso modo
riteniamo che i fondi del PON Istruzione per il periodo 2014-2020 debbano
essere aperti anche ai progetti del sistema paritario. Riteniamo infine che gli
strumenti indicati per la ricerca di risorse private a favore della scuola
siano delle opportunità interessanti che debbono però essere offerte anche alle
scuole paritarie. Il primo strumento indicato fra questi è lo “School Bonus”,
che ha un risvolto fiscale interessante su cui si può lavorare a favore delle
famiglie; da notare che il nome corrisponde al “buono-scuola” da sempre
sostenuto dalla nostra Associazione.
Il
documento è un punto di partenza che va migliorato, che deve riguardare tutto
il sistema scolastico italiano e deve rispecchiare le istanze di tutta la
società civile. Dobbiamo provarci a realizzare una “buona scuola”, perché
l’istruzione è davvero un punto ineludibile se si vuole offrire un futuro ai
nostri figli.
Roma,
12 ottobre 2014
AGeSC –
Associazione Genitori Scuole Cattoliche – Via Aurelia 796 – 00165 Roma –
www.agesc.it
Lettera del Presidente Nazionale Roberto Gontero
Ai
Soci e a tutti i Genitori
Roma 12 ottobre 2014
Carissimi,
il Governo
offre la possibilità di esprimere un parere sul Piano di riforma della scuola
presentato dal Presidente Renzi col titolo “La Buona scuola” a tutti i
cittadini. C’è tempo fino al 15 novembre prossimo.
Ci sono
diverse modalità di risposta. Si può andare sul sito https://labuonascuola.gov.it/#home
e decidere di partecipare al dibattito aperto oppure di rispondere al
questionario completo (o a parte di esso). La modalità più semplice é quella
riportata all’indirizzo: https://labuonascuola.gov.it/commento-rapido/nuovo
dove è possibile indicare brevemente cosa si apprezza, cosa si
critica e cosa manca nel piano governativo.
E’
importante che ognuno si senta responsabile come cittadino di esprimere una sua
valutazione e di invitare tutti gli amici, i genitori e gli studenti delle
superiori che si conoscono a partecipare visto il tema decisivo per il bene
della società che è appunto la scuola. Come membri dell’A.Ge.S.C. o
semplicemente genitori di Scuola cattolica e della Formazione professionale
abbiamo il dovere di evidenziare in particolare l’ingiustizia che subiamo visti
gli ostacoli economici posti in Italia alla libertà di scelta educativa della
scuola da parte delle famiglie e di denunciare la grave situazione in cui si
trovano la scuola paritaria, che per il mancato finanziamento pubblico rischia
addirittura la sopravvivenza, e l’Istruzione e Formazione Professionale
iniziale, assente in molte Regioni.
E’ una
opportunità da non perdere per far sentire la nostra voce e chiedere
pubblicamente il rispetto dei nostri diritti, dei diritti di tutte le famiglie
e dei diritti dei giovani.
Per
sostenere l’intervento più ampio possibile a questa consultazione, di seguito
troverete delle risposte che possono aiutare ciascuno nell’elaborare il proprio
contributo o possono perlomeno essere trascritte direttamente nel questionario
proposto dal MIUR in una delle due modalità sopra indicate.
Un cordiale
saluto
Il
Presidente nazionale
Roberto Gontero
AGeSC
– Associazione Genitori Scuole Cattoliche – Via Aurelia 796 – 00165 Roma
QUESTIONARIO
SUL PIANO SCUOLA RENZI
Che cosa hai apprezzato del piano
“La buona scuola”?
- L’aver
posto la scuola al centro del dibattito politico nel Paese considerando il
suo finanziamento come investimento indispensabile.
- La volontà
di valorizzare gli insegnanti e i dirigenti scolastici anche attraverso
l’introduzione di criteri di merito e non solo di anzianità nella carriera.
- La centralità
data alla valutazione di processi e risultati di tutte le scuole e la
trasparenza e possibilità di accesso ad essi per tutti, soprattutto per le
famiglie.
Che cosa critichi
del piano “La buona scuola”?
- L’autonomia
delle scuole risulta ancora troppo debole. Si parla di risorse, di
responsabilità, di scelta dei docenti, di nuova governance e di rapporto
col territorio, ma sempre in modo generico, senza indicare precisi provvedimenti,
processi e modelli di attuazione per realizzare questi obiettivi.
- La
prevista assunzione di 150mila “precari” nelle scuole statali che comporta
diversi rischi: che venga assunto personale non qualificato o non
corrispondente alle qualifiche richieste dalle scuole, che si consolidi
l’invecchiamento del corpo insegnante, che non serva a garantire la
continuità didattica e che alla fine non si elimini la presenza del
precariato, come già successe negli anni ’70 pur con l’immissione in
ruolo di 200mila docenti. Inoltre
rischia di sottrarre in modo drastico un terzo dei docenti alle scuole
paritarie.
- Il
problema dei finanziamenti: in pratica sono concentrati nell’unica voce
“assunzione dei precari”, mentre per tutte le altre voci (carriera e
merito, attrezzature, laboratori, diritto allo studio … e parità) restano
poche risorse per riqualificare, modernizzare e rilanciare la scuola.
Che cosa manca nel
piano “La buona scuola”?
1.
Manca ogni riferimento alla libertà di scelta della
scuola da parte delle famiglie e alla necessità di introdurre strumenti che
permettano a tutte le famiglie e a tutti gli studenti, anche ai disabili, di
scegliere il percorso scolastico ritenuto più adeguato senza discriminazioni di
carattere economico. Nel piano del Governo è assente ogni riferimento alla
sussidiarietà e il suo orizzonte non è certo quello europeo, dove vige una
piena realizzazione della libertà di scelta della scuola.
- La
parità scolastica, che è condizione necessaria per una vera autonomia, non
è considerata nel piano se non con brevi accenni insufficienti: eppure
parliamo di circa il 12% della popolazione scolastica. La logica del
monopolio statale deve ancora essere superata.
- E’ dimenticato
completamente il settore dell’Istruzione e Formazione Professionale
iniziale che, soprattutto attraverso i Centri di Formazione Professionale,
offre oggi a migliaia di ragazzi l’opportunità di rientrare o proseguire
un percorso formativo che li porta con successo a introdursi nel mondo del
lavoro. Bisogna estendere questa opportunità – decisiva nella lotta alla
dispersione scolastica – a tutte le Regioni italiane, la metà delle quali
ora non la offre.
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